DONNE E ISTITUZIONI L’impegno di Ottavia Penna Buscemi per la redazione della Costituzione



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Ottavia Penna Buscemi è l’unica donna della Costituente per il Fronte dell’Uomo Qualunque(UQ). Guglielmo Giannini, fondatore dell’UQ, nel candidarla alle prime elezioni per la Presidenza della Repubblica, la descrive come una donna colta, intelligente, una sposa e una madre, vedendo in lei la lotta contro un mondo politico incancrenito. La baronessa, nata a Caltagirone dal barone Francesco Penna e dalla duchessa Ines Crescimano, ottiene 39 voti, non sufficienti a garantirle la carica, la quale verrà, quindi, affidata ad Enrico De Nicola, eletto con 396 voti. La Penna entra a far parte della Commissione dei 75, incaricata della concreta elaborazione del testo della Costituzione, ma vi resta soltanto per sei giorni, dal 19 al 24 luglio 1947. Ottavia Penna viene, quindi, sostituita da un collega “più preparato”, Gennaro Patricolo, e si ritira per non sottrarre troppo tempo alle figlie. Non interverrà in Assemblea, né presenterà interrogazioni, tuttavia parteciperà ai lavori della Costituente in seduta plenaria da marzo a dicembre del 1947. Nel novembre dello stesso anno, non sentendosi più in linea con le idee repubblicane di Giannini, abbandona il Fronte dell’Uomo Qualunque ed entra nell’Unione Nazionale. La baronessa calatina era una donna intransigente, determinata, combattiva, ma anche schiva e poco incline al sodalizio con le altre colleghe. Infatti, fu vittima di alcuni episodi di ostracismo da parte delle altre Madri Costituenti, venne esclusa dai ricevimenti ufficiali, come quello organizzato dall’Unione Donne Italiane (UDI) in onore delle Madri Costituenti, e viene appellata come “qualunquista”. La democristiana Angela Gotelli la descrive come una distinta signora con cui c’erano rapporti cortesi, ma che non fece mai gruppo con le altre donne della Costituente. Ottavia Penna, quindi, una volta uscita dalla scena politica nazionale, si dedica alla politica locale, sensibile al tema dell’assistenza all’infanzia e ai giovani, collaborando, tramite elargizioni di denaro e grano, con padre Quinci e padre Annaro all’opera sociale della Città dei Ragazzi, fondata e finanziata da Sturzo.


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